Rivista BARCHE
Mensile internazionale della nautica a motore
Anno 18, n° 8 - Milano, settembre 2011

FORMA E FUNZIONE


(testamento spirituale di un vecchio progettista)


di ALBERTO ASCENZI *        

Ero presente al Forum di Napoli, ho sentito ripetere più volte dai presenti "la barca è un oggetto" ... e mi sono improvvisamente sentito estraneo a quel contesto. Progetto navi da più di 40 anni, navi da guerra prima, poi vedette, guardacoste, navi a vela, barche per i pompieri, navi idrografiche, bettoline, motoscafi veloci, yacht di oltre 70 metri. Tutte tipologie diverse, ma solo apparentemente: un architetto navale sa che si passa senza soluzione di continuità da un rimorchiatore a un transatlantico o a una portaerei in funzione dei contenuti, della dimensione, del peso, della velocità e sa approcciarsi al progetto affidato calibrando vincoli e obiettivi nel modo giusto.

La Barca non è un oggetto, è un pezzo di mondo; nel caso di uno yacht è il mondo ad immagine e somiglianza del proprietario, il suo mondo perfetto, a cui è ammesso solo chi vuole lui, è l'ultimo rifugio dell'uomo moderno. Chi compra una barca di serie come se comprasse una automobile non può capire queste cose ed allo stesso modo chi progetta barche di serie insegue un sentire comune che non esiste. La barca è un fatto culturale, un organismo vivente simbiotico con il suo padrone, che sonnecchia dondolandosi in banchina, ma prende vita e si trasforma appena lascia l'ormeggio; il suo movimento, il rumore dei suoi macchinari è il pulsare della vita. Come può progettare una barca uno che non c'é mai salito sopra, che non ha mai navigato, che il mare lo ha visto solo dalla spiaggia?

Ecco la contrapposizione perché se per l'architetto navale la nave è viva e ha un'anima, per l'architetto civile, il cosiddetto designer, che si affaccia al progetto navale questa è vista staticamente come possibile oggetto d'arte. Quindi l'attenzione all'oggetto non perché bello e utile ma esclusivamente come oggetto d'arte. Oggi tornano attuali concetti espressi in architettura oltre 60 anni fa, un esempio la casa Farnsworth del 1950, in cui si risolve la compenetrazione armonica tra spazi interni ed esterni. L'introduzione sempre più estesa del vetro, delle balconate apribili a murata, delle spiagge di poppa, è la dimostrazione della ricerca di un connubio sempre maggiore della vita di bordo con il circostante ambiente marino. Prevalgono la massima funzionalità ed essenzialità come risposta a una civiltà che cambia, identificazione tra forma e funzione come associazione secondo i principi e la cultura del Razionalismo e del Funzionalismo architettonico che ci riporta indietro di un secolo, simbolo di una tradizione che viene dal passato e che evolve nel presente nella tendenza espressa dal Minimalismo.

Forma, involucro che deve racchiudere spazi finiti in modo armonico per essere percepito piacevole e come qualcosa di familiare che richiama geometrie semplici, archi, linee, parallelepipedi. Codine, balze ripetute, tughe velleitariamente intese quasi come sculture per stupire il profano con la moda del momento invecchiano velocemente e non lasciano ricordo. La moda passa, lo stile resta ed esso è sinonimo di sobrietà, cioè totale assenza di volgarità. Adolf Loss nel 1908 enunciò che l'eliminazione dell'ornamento dall'oggetto d'uso contraddistingue l'evoluzione della civiltà. Ferdinand Porsche ribadì che il buon design è sempre per sottrazione, mai per aggiunta: la semplicità è bellezza, i raccordi conservano la memoria di ciò che si è tolto.
Forma che deve far percepire la funzione che l'ha generata per rispondere all'obiettivo di progetto, sia esso legato alle prestazioni, al giusto inserimento nell'ambiente marino, all'uso cui è destinato.

Questo penso quando sento tanti disquisire di forme e di funzioni e poi osservo le loro realizzazioni: mi sembra che quanti in questi anni si sono improvvisati progettisti navali, si siano calati nel mercato senza porre attenzione ai contenuti, ai valori che rappresenta una barca. Nella percezione del prodotto da parte del cliente non ci sono le sue caratteristiche intrinseche ma l'ideale simbolico che rappresenta. Per anni questi signori l'hanno fatta da padroni e ora che il meccanismo si è rotto cercano solo il modo per tornare ai bei tempi passati e ricominciare lo stesso gioco in forme diverse. Il passato ormai appartiene al secolo scorso; quello a cui ci siamo affacciati sarà inevitabilmente diverso, però il mare è sempre lì e l'uomo è sempre lo stesso, per cui occorre cogliere il cambiamento, interpretare il momento che viviamo, dare la risposta giusta e ci saranno sempre barche, altre barche, che devono accompagnare la trasformazione della società per soddisfare le esigenze presenti, perché la passione del bello, lo spirito di competizione, l'amore per il mare sono nella natura dell'uomo e sono l'essenza stessa della vita.

Roma, 11.07.2011

* Alberto Ascenzi, laureato in Ingegneria navale e meccanica, con specializzazione in Architettura navale, è titolare di Serim Srl, con sede a Vezzabo Ligure (SP).

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