GIRAGLIA 1966

RICORDANDO 40 ANNI DOPO

  LA GIRAGLIA DEL 66  

di Giancarlo Basile

La Giraglia del 66 fu la prima regata corsa dalla Stella Polare, che era stata varata ai Cantieri Navali Sangermani di Lavagna alla fine del ‘65, ed era partita subito dopo per la crociera inaugurale, svolta in pieno inverno, un inverno particolarmente freddo e burrascoso. La crociera era stata molto dura per l’equipaggio, che meritava un premio per averla portata regolarmente a termine seguendo il programma stabilito da Maristat senza alcuna modifica, affrontando una burrasca dopo l’altra.
Quando sbarcarono i ragazzi si erano fatti davvero le ossa, per loro era diventato normale avere a che fare con trenta e più nodi di vento e col mare grosso. Era un quotidiano prendere e mollare terzaruoli alla randa, cambiare fiocchi, armare e disarmare lo strallo della trinchetta, alzare ed ammainare lo spinnaker pesante, virare e strambare, di giorno e di notte. Si andava sempre a vela, era vietato far partire il motore, a meno che non ci fosse bonaccia e si fosse in ritardo sulla tabella di marcia, il che non avveniva quasi mai; anche le manovre in porto si facevano spesso a vela.

Pensai che il premio potesse essere costituito da una bella regata in estate e così, in qualità di ex comandante, sentii il dovere di darmi da fare per far imbarcare di nuovo l’equipaggio in Luglio, per partecipare alla Giraglia, la regata più prestigiosa che a quei tempi si correva annualmente in Mediterraneo. Andai a Roma per chiederlo personalmente al Direttore dello Sport Velico MM, Comandante Agostino Straulino, e lo trovai molto disponibile.
L’impresa non era facile, eravamo tutti imbarcati su varie unità, alcune delle quali non furono in grado di concedere il permesso di allontanarsi dalla nave per una settimana, e alla fine ne mancavano quattro dei quindici che avevano partecipato alla crociera invernale. Furono sostituiti da tre ufficiali disponibili, tra i quali mio fratello Piero che faceva il servizio militare in Marina come sottotenente commissario, e il Sig. Pinini Vender, che ci fu molto utile perché ci prestò un genoa ed uno spinnaker nuovi appartenenti alla barca del padre, il Patricia, disegnata da Olin Stephens come la Stella Polare, con lo stesso identico piano velico.
Durante il trasferimento da La Spezia a Tolone, da dove partiva la regata, ci fermammo per pochi minuti a Santa Margherita Ligure, giusto il tempo per affiancarci al Patricia e imbarcare le due preziose vele, di cui avevamo proprio bisogno. A Tolone arrivammo giusto il giorno prima della partenza, in tempo per partecipare alla riunione degli skipper e per prepararci in fretta alla navigazione in regata.

Il primo pomeriggio del 14 Luglio, il giorno della presa della Bastiglia, eravamo pronti al via: le barche partecipanti erano 101, suddivise in cinque classi di circa una ventina ciascuna. Partiva per prima la classe delle più piccole e poi, opportunamente distanziate, le classi via via maggiori, fino alla nostra. La giornata era splendida, piena di sole, con un Libeccio forza sette. Assistemmo alla partenza delle quattro classi inferiori alla nostra e, quando toccò a noi, il mare di prora era pieno di spinnaker che venivano alzati immediatamente dopo aver tagliato la linea.
Facemmo così anche noi: appena partiti il genoa pesante, che avevamo alzato per manovrare agevolmente nei minuti prima della partenza, venne sostituito in un attimo dallo spinnaker del Patricia e la barca, col vento al giardinetto e le mure a dritta, si lanciò all’inseguimento delle tante che erano di prora, alla massima velocità di cui era capace, intorno agli undici nodi.
Così per alcune ore fummo impegnati a superare le barche più piccole, passando sempre sottovento ad esse per non sventarle, una prassi ahimè totalmente dimenticata di questi tempi…. Finché non rimase che la barca più grande di prora, il Gitana del Barone Rothschild, che ci pagava circa sei ore in tempo compensato.

Al timone, fin dalla partenza, c’era Gigi Croce: potevo stare tranquillo, Gigi era stato inviato alle Olimpiadi di Tokio del ’64 al timone di uno star. Con quel vento e con il mare che si era ingrossato governare una barca grande sotto spinnaker, lanciata alla sua velocità limite, col rischio incombente della straorzata, non era cosa da poco. Alle manovre occorrevano sia la squadra di guardia che quella di comandata, costantemente impegnate a regolare al meglio le vele.
Dovetti ordinare alla squadra franca di andare a riposare: nessuno voleva perdersi lo spettacolo, ma avevamo più di 200 miglia davanti, con almeno una notte che si prevedeva molto impegnativa con quel vento, non potevamo permetterci di ritrovarci tutti stanchi morti il giorno dopo. Il cuoco che ci aveva tenuto in vita durante la crociera invernale, il Nocchiere Adriano Pregnolato, fu bravissimo: con quel mare non ci fece mancare la sua ottima pastasciutta!
Al tramonto avevamo sorpassato tutte le barche eccetto il Gitana, che tuttavia non ci aveva distaccato molto. Durante il crepuscolo l’Ufficiale di Rotta fece il punto astronomico, che confermò la nostra elevata velocità e la nostra posizione in rotta. La notte trascorse con il vento e il mare immutati e la Stella Polare sempre vicina alle sue massime prestazioni sotto spinnaker.

Alle prime luci avvistammo il Gitana, che ci precedeva di poche miglia. Arrivò alla Giraglia in mattinata: lo vedemmo sparire dietro lo scoglio e riapparire subito dopo, senza più lo spinnaker sostituito da un genoa. Mi parve ben inclinato di bolina, con le mure a sinistra, e non capii perché stringesse tanto il vento, visto che la rotta per Sanremo, dov’era il traguardo d’arrivo, prevedeva un’andatura comoda e veloce, di buon braccio. Conclusi che voleva portarsi al vento prevedendo una rotazione del Libeccio a Ponente e a Maestrale, cosa in effetti possibile, se non probabile.
Dopo meno di quaranta di minuti eravamo anche noi al giro di boa della Giraglia: eravamo cioè a circa due terzi della regata e Gitana, che ci pagava sei ore all’arrivo a Sanremo, era a una quarantina di minuti da noi! C’era di che sperare…. Da buoni Ufficiali di Marina non avemmo molti dubbi sulla rotta da prendere per Sanremo. Il Gitana si vedeva ancora, di bolina stretta, con una rotta almeno 20 gradi al vento di quella diretta, ma noi non seguimmo la sua tattica e volgemmo la prua solo cinque gradi più al vento di Sanremo, per tener conto dello scarroccio.

Fui confortato in quella importante decisione dall’Ufficiale di Rotta, il Sottotenente di Vascello Domenico Carro, che seguiva accuratamente la navigazione. La velocità a quell’andatura di buon braccio si manteneva elevata, non meno di dieci nodi. Procedemmo così, col libeccio che soffiava sempre forte senza accennare a ruotare. L’equipaggio era molto preso, le squadre si rilevavano puntualmente ogni quattr’ore, c’era un’atmosfera di grande impegno ed entusiasmo, tutti sentivano che andavamo forte, che potevamo raggiungere un buon risultato, chissà, forse una vittoria!
Per i ragazzi, addestrati alle burrasche durante tutto l’inverno, quel vento era normale, anzi era una manna visto che ci consentiva di andare sparati al lasco, in rotta diretta. Avevamo a bordo anche un giornalista del Corriere della Sera ed un operatore della RAI-TV, il primo dei quali, Giovanni Garassino, era di Sanremo e stava bene a bordo, mentre l’altro era visibilmente abbattuto dal mal di mare: restò tutta la notte in coperta, a poppa, legato all’albero di mezzana per il pericolo di essere scaraventato fuori bordo da un’onda, proprio non se la sentiva di andare di sotto….

Così eravamo in 17 a bordo, un numero preoccupante, che nel passato però mi aveva portato fortuna! Avevamo in vista soltanto una vela di poppa: poteva essere l’Hermitage, che evidentemente aveva optato per la rotta diretta, come avevamo fatto noi. Il vento continuò immutato sia in direzione che in intensità per tutta la mattina e il pomeriggio; la Stella Polare con tutta la randa e il genoa prestato dal Patricia, sempre alla stessa andatura e ad una velocità media di 10 nodi, arrivò in vista delle alture dell’entroterra di Sanremo.
Ma subito dopo, quando già ci cominciavamo a sentire vicini all’arrivo, il vento all’improvviso calò quasi del tutto e cominciò a venire da tutte le direzioni, costringendoci a continui cambi di vele leggere, dal drifter allo spinnaker, e a continue manovre di virate e strambate, con la barca appena abbrivata. Questa strana situazione durò all’incirca un’ora, durante la quale ci avvicinammo alla mèta si e no di un miglio.

A un tratto vedemmo chiaramente che stavano arrivando forti raffiche da Grecale, la direzione opposta a quella del vento che avevamo avuto costante dalla partenza fino ad un’ora prima. Facemmo appena a tempo ad ammainare il drifter e alzare il genoa pesante e fummo investiti dalle prime raffiche che ci costrinsero a metterci di bolina stretta con le mure a dritta, su una rotta che non ci consentiva più di procedere direttamente per l’arrivo.
Giovanni Garassino ci fu d’aiuto nel riconoscere la costa della sua Sanremo, non c’erano dubbi, avremmo dovuto bordeggiare per raggiungere il traguardo. Nel frattempo le raffiche del Grecale si facevano più forti, la Stella Polare cominciava ad essere troppo invelata. La barca che avevamo di poppa si era avvicinata parecchio, essendoci fermati noi per primi nella bonaccia, ed era sopravento. Avemmo la conferma che si trattava dell’Hermitage.

Ad un tratto, sotto una raffica più forte, con un colpo secco vedemmo la bugna di scotta della nostra randa che partiva verso l’albero e la vela che si sventava del tutto: realizzammo che si era rotto il carrello del tesabase. Occorreva rimediare al più presto. Mentre allestivamo un paranchetto volante per riportare la bugna verso la varea del boma, l’Hermitage approfittò del nostro calo di velocità e ci sorpassò. Quasi contemporaneamente avvistammo il Gitana che, essendo andato ad atterrare molto più a ponente di Sanremo con la rotta che aveva preso alla Giraglia, si era trovato col Grecale dritto in prua e veniva verso di noi di bolina, sbandatissimo, con le mure a sinistra. Riuscimmo a riportare la bugna della randa a segno, e riprendemmo a bolinare, ma eravamo sempre più sbandati, dovevamo assolutamente sostituire il genoa con la trinchetta e il fiocco due.
Fu allora che venne fuori alla grande l’addestramento invernale dell’equipaggio: dall’ordine all’esecuzione della manovra non passò più di un minuto, e la barca alleggerita prese a stringere il vento meravigliosamente, ripassando da sottovento l’Hermitage che era rimasto col genoa ed era in evidenti difficoltà. Virammo subito dopo, prendendo le mure a sinistra e passandole bene di prua, con il Gitana che nel frattempo si era avvicinato parecchio ed era pure un po' sopravento a noi, sulle stesse mure, a poche centiaia di metri di poppa.

Avvistammo finalmente il traguardo, mentre imbruniva: appena vedemmo scadere poco a poppavia del traverso la boa che lo delimitava verso il largo rivirammo e quello fu l’ultimo bordo. Con le mure a dritta passammo di prora al Gitana che era ancora sulle mure a sinistra e pochi minuti dopo tagliavamo per primi il traguardo, seguiti a ruota dall’Hermitage e dal Gitana: un arrivo da cardiopalma…. L’urlo di gioia dell’equipaggio lo sentirono sia le due barche, sia chi ci guardava arrivare da terra!

Un’ora più tardi eravamo ormeggiati allo Yacht Club di Sanremo, mentre fuori infuriava la burrasca da Grecale. Stanchi ma felici cenammo e ci buttammo in cuccetta. Verso le tre di notte fui svegliato brutalmente da qualcuno che mi tirava giù dalla cuccetta: era Agostino Straulino che aveva fatto la regata sul Kerkira ed era appena arrivato; avuta la notizia della nostra vittoria in tempo reale, era venuto a bordo della Stella Polare con tutto il suo equipaggio, felicissimo e con l’intenzione di buttarmi in acqua…. Per fortuna la Signora Spaccarelli ebbe pietà di me e lo fece desistere!
Il giorno dopo ci fu comunicato dal Comitato di Regata che avevamo battuto il record della regata con le nostre 29 ore tonde tonde! Il Dott. Beppe Croce, ideatore della Giraglia, era entusiasta della Stella Polare e del suo equipaggio, di cui faceva parte il figlio Gigi: aveva un debole per la Marina Militare e quel primato gli aveva fatto un immenso piacere. Per la premiazione mancava la coppa del record che nessuno aveva previsto: fu acquistata in gran fretta a Sanremo e durante la cerimonia i più festeggiati fummo noi!

Giancarlo Basile

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LA REGATA GIRAGLIA 66