CORAZZATA ROMA
Eccellenza e abnegazione per la Patria

Capitolo IV

Navigazione verso l'ignoto

di  DOMENICO CARRO          



PARTENZA

Le primissime ore notturne del 9 settembre furono dedicate agli ultimi preparativi delle Forze Navali da Battaglia per la partenza dalla Spezia e da Genova. La maggior parte delle navi era già pronta a muovere in due ore fin dal precedente pomeriggio, ma la nuova missione verso una destinazione finale ancora incerta aveva richiesto un supplemento di rifornimenti per tutti, oltre all'urgentissimo approntamento di due unità che si trovavano ancora ai lavori, ma che potevano comunque essere messe in condizione di prendere il mare: l'incrociatore Attilio Regolo ed il cacciatorpediniere Artigliere. L'ordine di partenza per La Maddalena era stato emanato da Supermarina alle 23.45, dopo aver recepito l'assenso dell'ammiraglio Bergamini al termine della riunione sul Vittorio Veneto. Questa precauzione potrebbe ora risultare sorprendente, ma in quel momento la decisione di avviare le flotta verso l'ignoto (il destino finale era interamente lasciato all'arbitrio dell'ex-nemico) appariva di una tale gravità da richiedere ogni possibile verifica preventiva. Molti anni dopo si seppe che perfino l'ammiraglio de Courten, Ministro della Marina, pur avendo convito l'ammiraglio Bergamini, non era egli stesso esente da dubbi; prima di ordinare la partenza della FNB aveva sentito il bisogno di recarsi a casa del Grande Ammiraglio Paolo Emilio Thaon di Revel, Duca del Mare e Presidente del Senato, per ottenere il conforto del suo autorevole parere: "La Marina deve eseguire gli ordini di Sua Maestà" era stata la risposta, nient'affatto scontata, del carismatico vegliardo.

Nel frattempo erano state sbarcate dal Roma e dalle altre due corazzate le squadre di operatori radiotelegrafisti tedeschi deputati ad assicurare il collegamento con i reparti aerei della Luftwaffe, tutti ragazzi che avevano fraternizzato con i nostri e che furono salutati non senza imbarazzo e commozione. In quella lunghissima serata, mentre l'equipaggio aveva potuto distrarsi con lo spettacolo cinematografico organizzato a poppa (era stato proiettato il film "La bisbetica domata" con Amedeo Nazzari), anche noi giovani Squali ci eravamo preparati a modo nostro alla navigazione. Ci eravamo ritrovati tutti riuniti spontaneamente in uno dei nostri "quadratini" Guardiamarina, locali dove la spensieratezza, l'ironia e le risate erano sempre regnate sovrane. Mentre vi incombeva, invece, un silenzio angosciato ed avvilito, interrotto solo da qualche invettiva colma di amarezza, osservammo Enzo che preparava una piccola borsa da viaggio ed iniziava poi ad armeggiare con dei preservativi e della cartamoneta, presto imitato da Ruri e poi da tutti gli altri. Non servivano molte spiegazioni: la borsa era il bagaglio di emergenza, con le più importanti cose che avremmo voluto salvare, qualora possibile, mentre nei preservativi andavano infilati, due per volta, i pochi fogli da mille lire di cui disponevamo. Volevamo essere pronti qualora venisse infine prescelta l'opzione dell'autoaffondamento in alto mare, quella in cui ancora, in cuor nostro, speravamo.

L'ammiraglio Bergamini tornò sul Roma molto tardi, alle 2.45, essendosi trattenuto sul Vittorio Veneto per i necessari accordi telefonici con l'ammiraglio Luigi Biancheri, comandante della VIII Divisione Navale che stava per salpare da Genova, nonché con il Comando Marina, l'Arsenale e gli altri enti locali che dovevano provvedere alle ultime necessità delle navi in partenza dalla Spezia ed assicurare che venissero affondate o rese comunque inutilizzabili quelle impossibilitate a partire. Proprio alle 2.45 partirono da Genova la VIII Divisione Incrociatori e la torpediniera Libra, mentre si autoaffondarono nello stesso porto i cacciatorpediniere Maestrale e Corazziere che erano ai lavori. Alla stessa ora, a bordo da noi la tromba suonò il posto di manovra e dagli altoparlanti vennero impartite le istruzioni per il ritiro dei salvagenti. Preceduta dal Gruppo Torpediniere (partito prima, in funzione di avanguardia lontana), dalle due Squadriglie di Cacciatorpediniere e dalla VII Divisione Incrociatori, la nave da battaglia Roma uscì dalla ostruzioni della base navale alle tre, seguita da Italia e Vittorio Veneto. La rada della Spezia rimase deserta. Sulle navi in mare, il personale della squadra di guardia venne chiamato al proprio posto di navigazione in guerra.

NAVIGAZIONE IN GUERRA

Fin dal termine del posto di manovra, la nave aveva dunque assunto il suo consueto assetto di navigazione "in guerra", ovvero quello che avevamo fino allora mantenuto in tutte le precedenti attività in mare e la cui rispondenza aveva raggiunto un livello ottimale in seguito al martellante addestramento cui il Comandante ci aveva sottoposto in porto ed in mare. Con l'alternanza delle squadre di guardia suddivise in due soli turni, la nave era in grado di reagire con immediatezza a qualunque minaccia improvvisa e poteva assumere in pochi minuti la sua piena capacità bellica chiamando il "posto di combattimento", cui partecipava la totalità dell'equipaggio. Mancava ormai una quindicina di minuti all'inizio del mio turno di guardia, poiché dovevo montare alle quattro, essendo di diana. Quella notte sarebbe dunque passata senza alcuna possibilità di andare a dormire. Scesi rapidamente nel nostro quadratino, dove presi un maglione dell'Accademia quale protezione supplementare per quelle ore fredde. Poi, dopo aver controllato i colpi della pistola Beretta che portavo alla cintura (ci avevano raccomandato di tenere sempre il colpo in canna), passai a prendere un caffè in Quadrato e salii in Plancia. Era buio pesto, perché la nave era perfettamente oscurata. Mi presentai all'Ufficiale di guardia, e iniziai subito a seguire la navigazione sulla carta nautica, assistendo l'Ufficiale di Rotta che continuava comunque ad occuparsene in prima persona. Al crepuscolo mattinale feci anche un'osservazione astronomica e buttai giù quattro rette d'altezza che, per mia fortuna, confermarono la bontà del punto nave stimato, destinato ad essere subito dopo verificato dall'avvistamento della Corsica.

Alle sei e un quarto, a nord di Capo Corso, incontrammo le navi provenienti da Genova. Dopo il ricongiungimento, la complessiva FNB assunse una formazione davvero imponente, essendo costituita dai seguenti reparti ed unità: IX Divisione Navi da Battaglia (Roma, Italia e Vittorio Veneto), VII Divisione Incrociatori (Eugenio di Savoia, Emanuele Filiberto Duca d’Aosta e Raimondo Montecuccoli), VIII Divisione Incrociatori (Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, Giuseppe Garibaldi e Attilio Regolo), XII Squadriglia Cacciatorpediniere (Mitragliere, Fuciliere, Carabiniere e Velite), XIV Squadriglia Cacciatorpediniere (Legionario, Alfredo Oriani, Artigliere e Grecale) e torpediniera Libra. Alle 8.40 si congiunse anche il gruppo composto da tutte le altre torpediniere (Pegaso, Impetuoso, Orsa e Orione), che furono nuovamente inviate in posizione di avanguardia lontana. In quella chiara mattinata settembrina il cielo era terso, il mare calmo, la visibilità eccellente: nessun potenziale nemico era in vista. Comunque, a partire dalle nove, trovandoci a ponente della Corsica, la forza navale assunse rotta sud ed iniziò a zigzagare, per tener conto della sempre possibile minaccia di sommergibili.

Nella mattinata, su tutte le navi venne solennemente diffuso dagli altoparlanti della rete ordini collettivi il seguente messaggio che il Ministro della Marina, ammiraglio de Courten, aveva personalmente stilato per indirizzarlo agli uomini imbarcati sulle forze navali:
"Marinai d’Italia, durante 40 mesi di durissima guerra avete tenuto testa alla più potente Marina del Mondo, compiendo eroismi che rimarranno scritti a lettere d’oro nella nostra Storia ed affrontando sacrifici di sangue che vi hanno meritato l’ammirazione della Patria ed il rispetto del nemico. Avreste meritato di poter compiere il vostro dovere fino all’ultimo, combattendo ad armi pari le forze navali nemiche. Il Destino ha voluto diversamente: le gravi condizioni materiali nelle quali versa la Patria ci costringono a deporre le armi.
"È possibile che altri doveri vi siano riservati, imponendovi sacrifici morali, rispetto ai quali quello del sangue appare secondario. Occorre che voi dimostriate in questo momento che la saldezza del vostro animo è pari al vostro eroismo e che nulla vi sembra insopportabile quando i futuri destini della Patria sono in gioco. Sono certo che in ogni circostanza saprete essere all’altezza delle vostre tradizioni nell’assolvimento dei vostri doveri. Potrete comunque guardare fieramente negli occhi gli avversari di 40 mesi di lotta, perché il vostro passato di guerra ve ne dà pieno diritto. "

PRORA SU LA MADDALENA

Poco dopo mezzogiorno, avvicinandosi all'area del campi minati presenti a nord della Sardegna, la formazione della FNB venne modificata, costituendo un'unica linea di fila preceduta dal Gruppo Torpediniere e formata dalle due Divisioni Incrociatori e dalle tre corazzate, seguite dalla scorta ravvicinata delle due Squadriglie Cacciatorpediniere. Subito dopo l'unità capofila si portò sulla rotta di sicurezza che conduceva verso le Bocche di Bonifacio. Era ormai palese a tutti che la FNB si stesse risolutamente dirigendo verso La Maddalena. Nel corso di un precedente scambio di messaggi fra il Comando in Capo della FNB ed il Comando Marina La Maddalena erano anche stati già stabiliti i posti di ormeggio assegnati alle varie unità al loro arrivo nella base navale. Quella destinazione, ancorché probabilmente di breve durata, dava qualche flebile speranza a noi giovani Guardiamarina, ma lo stesso potrebbe dirsi anche per gli Ufficiali più anziani, di cui spesso captavamo i discorsi nelle lunghe ore di guardia in navigazione. La speranza più concreta era sempre quella dell'autoaffondamento, ipotesi alla quale rimanevamo ostinatamente aggrappati. L'altra era legata a certe vaghe chimere che si basavano sulla presenza del Re in Sardegna, lontano dalle contrapposte invasioni angloamericana e germanica, e quindi forse ancora in condizione di limitare l'arbitrio dei vincitori nel decidere delle sorti dell'Italia.

L'equipaggio, invece, nel vedere sempre più vicine le coste della Sardegna si era rasserenato, come se fosse già arrivato a casa. Parlando con i marinai, compresi ch'essi erano già stati messi di buon umore dalla distribuzione del rancio di guerra, poiché vi avevano trovato la pastasciutta al pomodoro, che metteva sempre tutti d'accordo. Il buon pasto e la temperatura estiva avevano poi indotto diversi marinai liberi dal servizio a recarsi a poppa, per rilassarsi all'aria fresca ed al sole, con la gioiosa compagnia di Febo, il cagnolino di razza incerta, bianco maculato di nero, mascotte di bordo. Vidi che tutti, umani e non, venivano reiteratamente ricacciati sottocoperta dagli Ufficiali e Sottufficiali di guardia a poppa. Anche l'amico Ruri era coinvolto in questa ingrata bisogna, con risultati effimeri; ma non mi lasciai coinvolgere. Ero stanco morto per il doppio turno di guardia che avevo volontariamente effettuato tutto di filato fino a mezzogiorno: ora dovevo riposarmi.

INVERSIONE DI ROTTA

Avevamo da tempo scoperto che, per potersi riposare brevemente durante le navigazioni, c'era, a bordo del Roma, un locale perfetto per noi, fresco e silenzioso: la Biblioteca Ufficiali. Mi vi recai e, procedendo con cautela per non svegliare l'amico Miro che mi aveva preceduto, mi raggomitolai nella poltrona più ampia. Fui risvegliato all'improvviso dal forte sbandamento assunto dalla nave, che stava evidentemente effettuando una brusca e prolungata accostata. Mi precipitai in coperta e vidi, con sommo stupore, che tutte le navi della lunghissima formazione stavano proseguendo la loro accostata ad un tempo, ad alta velocità, per poi stabilizzarsi finalmente sulla rotta opposta: un'evoluzione assolutamente impeccabile, ma incomprensibile. Salii di corsa in Plancia per capire che stava succedendo ed ebbi subito l'evidenza, dalle espressioni funeree del Comandante e degli altri Ufficiali presenti, che erano sopraggiunte delle notizie tutt'altro che buone. Si trattava di due novità annunciate pochi minuti prima, in rapida successione, dal ticchettio delle telescriventi.

La prima comunicazione era un messaggio di Supermarina che ordinava ai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi e Antonio da Noli di venire nelle Bocche di Bonifacio per compiervi azioni belliche incompatibili con la presenza del Re. Non c'era dunque alcun Savoia in arrivo. Apprendemmo poi con sgomento che il Re aveva lasciato Roma all'alba per recarsi a Pescara ed Ortona, porti dai quali la corvetta Baionetta aveva imbarcato la Famiglia Reale e parte del Governo, e li aveva portati a Brindisi sotto la scorta dell'incrociatore Scipione Africano. La seconda novità, quella che aveva determinato la nostra inversione di rotta, consisteva nell'avvenuta occupazione della base navale della Maddalena da reparti della 90a Divisione PanzerGrenadier: si trattava di forze germaniche che dalla Sardegna dovevano trasferirsi in Corsica (dove, paradossalmente, le nostre forze erano numericamente superiori) per poi raggiungere il continente. Trovandosi proprio allora a transitare per La Maddalena, ne avevano assunto il controllo. Questa infelice coincidenza ci aveva precluso la possibilità di fermarci nella nostra base navale sarda. A quel punto, essendo divenuti insicuri tutti i porti nazionali, stavamo navigando verso ponente per uscire dal golfo dell'Asinara, diretti ad una meta ancora incerta, e con prospettive avvolte nelle nebbie più fitte.

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